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dagli Orsenigo. 79

tava, nella mia stanzetta, eran fredde, compassate, increscevoli: ma la voce, pietosa, commossa. No, non era finzione! Con me, le finzioni muliebri riescon poco; sono volpe vecchia, io. Si vedeva proprio, il rincrescimento d’aver tolto quell’assunto. E, adesso, chi sa, cosa voglia dirmi? Chi sa, che la non abbia qualche incarico della Ruglia? Perchè no? E, se non direttamente, così, di sbieco, vorrà, dovrà insinuarmi qualcosa, oh il giurerei. Bella donna! non sono le forme giunonie, scultorie dell’Almerinda; ma è distinta assai. Sembra malata, poveraccia: più pallida e più mingherlina che a Napoli, è, di certo, adesso. Anche lei, ci avrà i suoi guai. E ci sarebbe da scommettere, che, se fa la traffichina e mette il becco in molle e vuol rimestolare affari, che, a lei, punto non le appartengono, è, in massima parte, perchè, in casa, le mancherà contentezza. Colpa del marito? Incontentabilità sua? Vattel’a pesca; ed a me non importa, un fico. Ad ogni modo, andiamoci, conviene! Avrà narrato dell’incontro a quel babbuassaccio del banchiere; mi aspetteranno. Parrebbe villania. Vogliamo sperare, che non mi scarichi un predicozzo, a bruciapelo, sulla mia condotta scapestrata e poco timorata di Dio. E, se ci capito da