quali era depositaria e che avrebbe dovuto incenerir, subito,
senza neppure mettervi gli occhi, oppure riconsegnare
all’Almerinda infatti. - «Come!» - dirà ognuno - «La
Salmojraghi commettere una indiscretezza cosiffatta?» -
Siete troppo indulgenti. Indiscretezza? era abuso di fiducia
bello e buono! come tale il valutava ed il condannava
essa stessa, nel suo secreto. - «Ma se aveva fatto tanto
la scrupolosa in casa del giovane, da non volergliene
sentir leggere una pagina!» - Ah! non vuol dire! così porta
la natura nostra: in pubblico (se, anche il pubblico è
ridotto al termine minimo d’un solo individuo) affettiamo
sensi sdegnosi e noncuranza suprema; soli con noi
medesimi, operiamo in aperta contraddizione di quelli.
V’è un po’ d’ipocrisia, anche, nella virtù più incorrotta e
sincera. - «Ma cedere ad una curiosità, così volgare?...» -
Permettetemi di dubitare, che, in lei, questo atto poco
lodevole fosse effetto di volgare curiosità. La spingeva
affetto pe’ due protagonisti e, quindi, desiderio di conoscere
in tutte le fasi quel dramma, nel quale era apparsa,
come deus ex machina, per troncare il nodo, prima; e,
poi, una sollecitudine anche più ideale, la sollecitudine
per la passione, prescindendo dalle persone implicate, il
desiderio di sapere come si ama. Infatti, quella corrispondenza
fu, per lei, proprio, una