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50 Dio ne scampi

coli involtini di carta, certi poveri donuzzoli, che, alcuna volta, con istento grande e consolazione somma l’avea indotta ad accettare, ed alcuni oggettucoli permutati con oggetti analoghi di lei, qualche anella, un portacapelli, una catenina. Impallidì, vedendo l’inatteso rinvio. Poi, ostinandosi nell’ultima lusinga, cominciò, più minutamente, a scorrere foglio per foglio, involtino per involtino; a cacciar fuori da ogni busta la carta e scuoterla e guardarla attraverso la luce: ad esaminare ogni gingìllo, come un orefice, che dovesse compilarne l’inventario. Ma sì! di quanto egli cercava, niente! della sua diletta, niente! Solo, le lettere erano impregnate di un vago profumo di pacciulì, per la cassetta, in cui la donna le aveva conservate. Quando fu certo, via, chè non era più ammessibile un’ombra di dubbio, raccolse ogni cosa con accurata ed accorata lentezza; rimise tutto nella grande sopraccarta, che raccattò di terra; e, con uno squallore di morte sulle guance, rivolse l’occhio, interrogando, alla bella Salmojraghi. E questa, con la calma del chirurgo, conscio di straziare: - «L’amica mia...» - Poco prima aveva, pur, detto nostra; ora, approfondando il bisturi, diceva, solo, mia, e calcava su quel pronome possessivo. - «L’amica mia m’ha detto, che Ella avrebbe, forse, un plico simile a darmi; e mi ha autorizzata a riceverlo.» -