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dagli Orsenigo. 45

accadrà fra poco. Chêh! la penna incespica sulla carta; l’occhio s’ingarbuglia nella lettura; il pensiero non sa staccarsi dalla indimenticabilissima, da lei. Picchiano. Sarà dessa; ha fatto presto. No, era la posta: lettere, giornali. Si dissuggellano, sbadatamente, le buste; si rompono le fascette: ma l’occhio e la mente non si lasciano cattivare, neppure da’ Telegrammi e dalle Ultime Notizie. Ormai, sarebbe ora, che la giungesse! Ripicchiano! Oh è lei senza dubbio! Neppure. È un rompiscatole, un seccatore, un ateo, via! Ahimè, come sbrigarsene? E s’ella sopravvenisse? Essere costretto ad augurarsi, che la ritardi! Bestia d’un domestico; non sapeva dire: Il padrone è uscito? E bisogna non far troppo capire a costui quanto c’importi di rimaner soli: sennò, capacissimo di piantarsi giù, al portone od alla cantonata, e spiarci! Fortuna, io ti benedico! Non voleva se non appoggiarmi una stoccata! gli si regalerebbe fin la camicia, purchè andasse fuor degli stivali! Se n’è ito! Ma cos’ha la signora, cos’ha, che non giunge? Ed è, già, in ritardo di venti minuti! È, già, mezz’ora, che dovrebbe esser qua! Il campanello! Oh non sarà nemmanco lei! Sono trascorsi trequarti d’ora! non può più esser lei. Zitto! Un fruscìo d’abiti. S’apre l’usciuolo: è dessa, tutta ristretta in sè, tutta imbacuccata. Dice, a bassa voce: - «Eccomi!» -