Pagina:Imbriani - Dio ne scampi dagli Orsenigo, Roma, Sommaruga, 1883.djvu/40

30 Dio ne scampi

chiamarsi ingannato, ned insistere decentemente. Benone! Ma come? Per lettera? No, no! la lettera è, di necessità, monca, insufficiente, equivoca; e, sempre, poi, pericolosa. A voce? Ma chi guarentiva la costanza dell’Almerinda? In un colloquio, avrebbe, alla lunga, ceduto; e si sarebbe stati daccapo. Quante volte non era andata a’ convegni, deliberata a spegolarsi; e n’era tornata più impaniata di prima! Parve, dopo lungo deliberare, che l’Orsenigo dovesse assumersi l’incarico di far capace il povero Della-Morte, che tutto era finito tra la signora Ruglia-Scielzo e lui. La dimane, andrebbe ella al convegno, invece dell’amica; andrebbe, coraggiosamente, in casa dell’ufficiale, a piantargli un pugnalotto nel cuore: chè, già, prevedevano entrambe arcibenissimo quel, ch’e’ soffrirebbe. La missione della Radegonda non era delle facili! presentarsi da un uomo, appena conosciuto, che stassene aspettando un’ora felice per dirgli: - «E’ ti bisogna rinunziare, pel momento e pei futuro, ad ogni felicità!» - riportargli le lettere ed i doni, mandati alla sua donna; chiedere la restituzione de’ pistolotti e de’ capelli di lei; calmarne le furie... Uhm! ci voleva proprio la baldanza d’una privilegiata della sorte, per accollarsi, spontaneamente, questa briga, senz’esserci chiamata, senza che l’affare a lei punto appartenesse.