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204 Dio ne scampi

una Orsenigo. Che Dio ne scampi e liberi, dei

          Scimes, pures, bordocch, centpee, tavan,
          Camol, mosch, pappatas, vesp, calavron,
          Formigh, zanzar, scigad, vermen, scorpion;

ma, soprattutto, scampaci e liberaci, o sommo Iddio, se tant’è, che tu ci sia, de la razza de i Orsenigh!» -

Era un bel pomeriggio estivo. Due carrozze, venute, l’una, pel viale, lungo l’Arno, l’altra, pel gran viale, s’incontrarono, in fondo alle Cascine, dove il Mugnone sbocca nell’Arno, o meglio, fa le viste di sboccare, che, per lo più, è più asciutto del deserto di Libia. V’erano il marchese Giambattista Barberinucci, il capitano Maurizio Della-Morte, i due padrini (Capecchiacci e De Cristoforis) i due testimonî, (Bacherini e Vernaleone) ed un chirurgo (il dottor Egisto Acquarone, sanese). S’inoltrarono, nella boscaglia. Fu scelto un luogo opportuno. La sorte destinò, a’ combattenti, le armi del marchese; a’ padrini, quelle del capitano. Tutto andò, nelle regole. E Maurizio ci ebbe rotto il pugno sinistro, da una palla, che gli entrò in petto, che fu giudicata pericolosa ferita, dall’Acquarone. Questi, Cristoforo De Cristoforis e Ferdinando Vernaleone il ricondussero a casa, dalla Radegonda.