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dagli Orsenigo. 203

di ruffiano. Ma ti darei gratis, a chiunque fosse tanto inconsulto da volerti!» - Non potendole dir questo, le disse, con un’inflession di voce, che tentò di far dolce: «Radegonda, il tempo passa. Debbo andare.» -

Ed ella: - «Va! Non ti trattengo. Hai ragione: non devi farti aspettare; devi giungere il primo, tu. Aspetta: lasciami racconciare, qua, il nodo della cravatta; e spazzolar via questi peluzzi, dall’abito. Dov’è la spazzola? Ed ora, va. Ricordati di me, che aspetto, in ansia; e torna, subito. E lasciami baciare questa cara mano, che ha percorso chi voleva comperarmi, come se un’Orsenigo fosse carne da mercato! Maurizio mio, mio!» -

Il giovane scendeva le scale, bestemmiando: - «Dio birbone! m’ha fatto spengere il sigaro. E non mi trovo fiammiferi in tasca; li ho lasciati, nel soprabito! Sangue della madonna! come fa la spartana, come si gonfia, quando dice: una Orsenigo! Che due galantuomini s’abbiano da sbudellare, le pare la più semplice cosa ed ammessibil del mondo! Per una Orsenigo! Orsenigo de’ miei stivali! E, se non le busco, quest’altra corvèe; invece di pranzare alle Cascine o dovechessia, allegramente, bisogna correre a casa, per calmar le ansie di