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202 Dio ne scampi

trice m’è stata a sentire! M’è stata a sentire, la jettatrice! Son fritto, che la farà i più sinceri augurî per la mia vittoria! Frattanto, sottostiamo alla commedia d’obbligo, in siffatti casi. Uff! ne ho piene le tasche, ne ho piene! Uff, se le ho piene!» - E foderava le parole, in pensiero, com’e’ si suol fare, quando s’è in collera!

Ed essa, Radegonda, come riebbe la parola: - «Nulla. Nulla, sai! Un momento di fiacchezza! Credi, forse, che tutti siano eroi, come te? Grazie, Maurizio mio. Grazie, che ti risenta, in questo modo, di un’offesa, fatta alla tua Radegonda. Scusami, (sai?) se sono stata, un poco, fastidiosa; se ti sono incresciuta, in questi ultimi tempi. Ci ho i difetti, i sospetti di una donna, che ama, gelosa; fantasticava di esser disamata, disistimata da te. Ora ti chieggo scusa, d’averti fatto torto. Buon Maurizio mio, grazie.» -

Ed il buon Maurizio si mordeva le labbra; e pensava, fra sè: - «Se l’ho detto io, che questo duellaccio le parrà prova d’amore? e che non farà, se non ribadirmi la catena! Pover’ a me, pover’a me! E non poterle dire: Carina, la sbagli! Non mi batto, mica, per amore tuo; anzi, perchè sono stato insultato, direttamente, da chi mi supponeva capace di fare il mestiere