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dagli Orsenigo. 201


XXIII.


I quattro padrini partirono, dopo aver fermato, che tutti si troverebbero, fra mezz’ora, al caffè di Parigi, in via Cerretani, rimpetto allo sbocco di via Rondinelli: essi andavano, parte, dall’armajuolo e, parte, in cerca d’un chirurgo. Maurizio, dopo averli accompagnati, fin sul pianerottolo, tornò in camera sua, mutò di biancheria e d’abito; si ravviò i capelli, col pettine e la spazzola; si nettò le unghie, con quelli spazzolini curvi, che indispettirono, tanto, Giangiacomo Rousseau, da Ginevra, contro Melchiorre Grimm, da Ratisbona; prese il cappello; accese un trabucos; aprì l’uscio della stanza, in cui era la donna; e le disse: — «Addio, Radegonda. Non pranzo a casa, sai.» -

La Radegonda s’alzò da sedere. Venne, a lui, lentamente; e gli porse la fronte. Lui, si curvò, di mala voglia, per imprimervi un mezzo bacio. Ma essa gli buttò le braccia, al collo; gli si strinse, disperatamente, al petto; e proruppe, in un pianto dirotto, assinghiozzato. - «Radegonda!» - esclamò il giovane, con voce di rimprovero - «Radegonda! Cosa c’è?» - E pensava, stizzosamente: - «C’è, che ci siamo! Questa jetta-