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10 Dio ne scampi

desiderano, cioè, d’esser padrone di casa in casa propria. E Donn’Almerinda usò ed abusò della libertà concessa. Durante i beati sonni del commendatore, scarrozzava a Chiaja, splendeva in teatro e riceveva un nugolo di persone, specie ufficiali della guarnigione, che i fratelli Scielzo (i quali avevan ripreso servizio nell’esercito Italiano) le presentavano. Si strimpellava, si canticchiava, si ballonzolava, qualche volta; la signora era bella, affabile, non incuteva soggezione: insomma, la serata si ammazzava allegramente in quella casa ospitale.

Ma, per quanto il Ruglia (contra il solito de’ vecchi, che impalmano giovanette) largheggiasse del suo con la moglie, abbandonandole la piena disposizione degl’introiti, senz’obbligo di render, mai, conto, ella si trovò, a poco a poco, inviluppata in una fitta rete di debiti. La vita elegante è spesosa; a tener dietro a’ capricci della moda, e’ si spende un diluvio, un profluvio, una colluvie di quattrini; e l’Almerinda aveva, inoltre, la tribù de’ fratelli, che la sfruttavano, che non seppe negarsi a salvare, da più d’un mal passo. Chiedevano e richiedevano, insaziabili; e del benefizio d’oggi, si formavano un argomento, per pretenderne altri, domani. La facilità di contrar debiti, firmando cambialette o non pagando, ne’ negozî, a pronti contanti, illudendoci, trascina a