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Son paga in lui e l’amo, intendi, l’amo! Perchè turbarmi nella mia fede? Perchè insinuarmi dubbi? Chi ti dèputa a scuotere la mia fermezza? Mi hai chiamata demente? Non sai, ch’è pericoloso di far rinsavire alcuni dementi? Non comprendi, che io sarei miserrima, se mai, comechessia, cessassi dall’amare e dallo stimare questo idolo mio? Lasciami, lasciami stare!» -

— «No, Radegonda mia, non ti lascio! Guai, all’ammalato, che rifiuta d’ascoltare il medico. Io t’ho ascoltata, altre volte; e con mio bene. Io non ti parlo io, da me: ti ripeto ciò, che, tre anni fa, diceva la Radegonda stessa. La Radegonda del sessantacinque, mi deputa alla Radegonda del sessantotto! Ascoltami; ascoltati, via. Io ti parlo, in nome, anche, dell’uomo, di cui porti il nome.» -

— «Io? non voglio esser chiamata se non Orsenigo: sulle mie carte, non c’è altro nome.» -

— «Ma non puoi far sì, che non te ne spetti, tuttavia, un altro. Io ti parlo, in nome della figliuola tua; ti dico ciò, che essa è troppo giovane, ancora, per dirti, essa. Credimi; ne ho fatta la dura esperienza: non vi è felicità di sorta, fuori del dovere. Tutto il resto incresce, a breve andare; ed, anche, il