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dagli Orsenigo. 177

Maurizio, che tu hai, pure, amato, non tenendo le promesse della prima gioventù, ci riuscisse minore dell’aspettazione... Voglio anche dire, che fosse divenuto, quale tu mel descrivi, il che non è, mica, non è... Benone, che, poi? Cosa inferirne? Chi mantiene, nell’età provetta, le promesse de’ primi anni? In quale albero, tutti i fiori dàn frutto? E bada, bada! Spetta, forse, a te, il rimproverarlo? Chi l’avrebbe, moralmente, ucciso? Non tu, forse? Egli ti amava, ti ama, ancora, pur troppo;’con quanta invidiata perseveranza! Il tuo nome basta a farlo impallidire...» -

La voce della Salmojraghi-Orsenigo s’era ita indebolendo; e parlava, ora, basso, rivelando la piaga sanguinolenta di gelosia retrospettiva, che la infelicitava. Ma, qui, scattò la Ruglia-Scielzo: cui, ora, il solo pensiero d’un legame impuro destava nausea, non che sdegno. Ed esclamò, con voce tremante di collera e di ribrezzo: - «Questi desiderî infami, che tu chiami amore, profanando la parola, son, per me, ora, insulto.» -

Ma la Radegonda non credo avvertisse, nemmanco, l’interruzione.

— «Ti amava, te, dal profondo del cuore. E come ne hai rimeritato l’affetto? dimmi? Spezzandogli il cuore! Mite d’animo e gen-