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172 | Dio ne scampi |
la tapina, adesso, se’ tu. Mi avevi redenta; e sei precipitata. Ebbene, tocca, ora, a me, spetta, alla beneficata, di venirne, sull’orlo del baratro, e porgerti la mano e fare quanto è, umanamente, possibile, perchè tu n’esca. Coraggio, Radegonda! Coraggio!» -
— «Pensi tu, ch’io ne difetti? Sai, che mia madre era bresciana? Una Averoldi!» -
— «Ti manca, forse, la risoluzione di adoperarlo, il coraggio. Io mel so, pure, che, taluni vincoli, una non sa risolversi a romperli, a secco...» -
— «Oh, io, come vedi, ho rotto, a secco... molti legami, senza esitare.» -
— «Povera Radegonda, quanto hai dovuto soffrire!» -
— «Meno, ch’io non credessi.» -
— «Tuo marito, la figliuola: lasciarli, per sempre!» -
— «Sì, ma seguendo l’uomo, che amo. Credimi, Almerinda; io mi stimo beata, d’avergli potuto sacrificar qualcosa, che testimoniasse, in parte, dell’immenso affetto mio.» -
— «Quel povero signor Gabrio! Ti voleva, ti vuol tanto bene, lui! È rimasto inconsolabile!» -
— «Poveruomo!» -
— «E quella povera Clotilde! Cresce, ab-