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dagli Orsenigo. 169

accettare la sommetta. Si farebbe, allora, pregare, un tantino; e, poi, per farle piacere, intascherebbe i quibus. Così transigerebbe, alla meglio, col proprio decoro. Ebbe’, come s’ha a fare? Quando s’ha bisogno, hai voglia, sfumano gli scrupoli!... Epperò, i pedanti consigliano di non aver bisogni troppi e turpi.


XX.


La Radegonda, rimasta sola, era, ancor, tutta ebbra dalla consolazione, arrecatale, dalle dimostrazioni d’affetto dell’amico suo diletto, quando picchiarono, all’uscio. E la domestica, una certa Clorinda, (grassoccia, belloccia, cui Maurizio dava pizzicotti, nelle parti carnose, e che nol ridiceva alla padrona,) venne, ad annunziarle, che una forestiera chiedeva di lei.

— «Di me? Bada, avrà sbagliato.» -

— «Se ha dimandato, proprio, della signora Salmojraghi.» -

— «Sarà la sarta.» -

— «Chêh! l’è, propio, una signora.» -

— «Salmojraghi! Io non voglio esser chiamata, più, così. Io mi chiamo Orsenigo. L’altro nome è un’offesa ed un’usurpazione. Ma chi potrà essere questa signora? Sto così