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158 Dio ne scampi

La Radegonda, avvilita, taceva, lo lasciava sfogare. Peggio che mai. - «Perchè non rispondi? perchè t’ingegni di occultarmi il tuo pensiero? Fai la mummia greca, la gatta morta eh? Falsa, che non sei altro! Oh sai dissimulare, a meraviglia, gli unghioni! Chi non ti conoscesse, come fo io!... Con me, persuaditi, le astuzie riescon poco. Hai potuto farmi fare l’insigne corbelleria di rapirti; ma non puoi vantarti, ch’io mi sia illuso un istante....» -

La misera donna, offesa, in tal forma, diè in lacrime dirotte, le quali rinfocolarono l’ira dell’ubbriaco: - «Già vojaltre femmine, sempre, lacrime, pronte al vostro comando! Lacrime, quante se ne vogliono! Le vi costan poco. Sempre, che vi accomoda, lì, mano alla tromba, ed un fiume di pianto. Animali senza ragione, ma con più malizia e cattiveria della serpe. Che il diavolo si porti quel Dio, che v’ha create! E questa fontana di Trevi cosa significa, mo? Che t’ho fatto qualche gran male? che t’avessi percossa? Uaff! ebbene, quando la finisci?» -

Ella rispose: - «Mi hai fatto del male, Maurizio; senza volere, senza sapere e più, che tu non possa immaginare, Maurizio mio. Una tua parola acerba mi uccide; massime, quando so di non meritarla, davvero.» -