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una femmina, che una dama gli dettasse la legge. Per que’ vilacchioni effeminati di franzesi, l’amante è la padrona (maitresse); ma lui, intendeva essere il padrone, lui! Dunque, non rimproveri, non osservazioni, non consigli. No, no; mille volte no. Questo, mai. Bisognava accettarlo, com’era; tanto, non obbligava nessuna, ad eccettarlo. A tali parole minacciose, gravide di ripudio, era caduta ogni baldanza dall’animo della donna, disposta a soffrire e sacrificar tutto, pure di esser sua.

Del rimanente, è un’esperienza fatta, che le busse nonchè alienarci gli animi femminili, ce li ribadiscono, quasi che ogni mazzata conficchi loro un chiodo, in corpo. Si vede e si nota, meglio, in quelle femmine, che, più brutalmente, ossia naturalmente, vivono; nelle quali la belva, non è domita, nè cicurita: nelle meretrici, per esempio. Esse (false, lusinghiere, spietate, con chiunque è loro gentile e largo), prodigano, gratuitamente, le carezze profondono il denaro lucrato ed il tempo (che, per loro, soprattutto, è denaro) ad un ganzo, che le percote e le strapazza. Questo è il fatto, la ragione non so Che sia generosità? Che sia, come dice un verseggiatore, un contraccambio di bene per male?

. . . . . . je ne sais pourquoi.
Ceux qui m’ont fait du mal ont tant d’attrait pour moi!