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dagli Orsenigo. 113

— «Mel sapeva. E gliel’ho ben detto, a tuo marito, che la sua gelosia, per quell’ufficiale, non poteva non esser infondata; ch’egli avea le traveggole. Gliel’ho giurato sull’onor mio, che tu non sei capace di mancare al dover tuo, di accettare gli omaggi d’un bellimbusto, anzi d’intenderti...» —

— «Mamma...» -

— «Senti a me. Ora, tornando a casa, va dal buon Gabrio tuo, buttagli le braccia al collo, ripetigli tu questo, che gli ho detto io; e la pace è bell’e conchiusa. Il farai?» -

— «No. Non posso. Non mi giova mentire. Senti, mamma, io non voglio dirti la bugia, a te; non l’avrei detta, a lui, s egli mi avesse interrogata. Quel, che fo, liberamente mel fo, deliberatamente: è ben fatto. Giacche sai, già, tanto, io ti dirò, che amo quell’uffiziale, che egli mi ama, che nol lascerei, per nulla al mondo. Vuoi saper di più? Debbo rivederlo, fra un’ora. E sappi, ch’io l’amava, da che l’ho conosciuto, saran tre anni, là, a Napoli; che, per amor di lui, me ne andava in consunzione; che, da quando l’ho acquistato, mi han vista tutti rifiorire...» -

— «Radegonda mia, che farnetichi? se’ pazza! E cos’hai? ti vien male? Tu impallidisci! Tu, piangere! Calmati, nel nome del Signore!