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169-198 CANTO XVI 89

cinquanta suoi compagni guerrieri sedevano ai remi;
170e cinque duci avea nominati, nei quali avea fede,
che comandassero agli altri: l’imperio supremo ei reggeva.
Duce era d’una schiera Menèstio dal fulgido usbergo,
figliuolo di Sperchèo, del fiume caduto dal cielo,
cui generò Polidora, la figlia di Pelèo bella,
175all’indefesso Sperchèo: lei donna mortale ad un Nume:
però padre di nome fu Boro, figliuol di Perèro,
che l’ebbe, e doni grandi le offerse, legittima sposa.
Eudòro, pari a Marte, guidava la schiera seconda:
spurio: ché lui generò Polimèla, famosa nei balli,
180la figlia di Filonte. La vide il possente Argicida,
e ne invaghí, mentr’ella, fra i canti d’Artèmide e i balli,
glorificava la Dea clamorosa dall’auree frecce.
Nelle superne sue stanze ascese il benevolo Ermète,
con la fanciulla giacque, le diede il magnifico figlio
185Eudoro, che nel corso vincea tutti quanti, e nell’armi.
Ed ora, poi che Ilizia, la Dea delle doglie materne,
l’ebbe condotto a luce, che i raggi del sole egli scorse,
Ècheclo, il figlio gagliardo d’Attòride, sposa condusse
la donna, poi che offerta le fece d’innumeri doni;
190e il vecchio Fila il bimbo raccolse, nutrire lo fece
con ogni cura e allevare, l’amò come fosse suo figlio.
Duce alla terza schiera Pisandro era, simile a Marte,
figlio di Maimalo: il primo fra tutti i Mirmídoni egli era,
dopo il compagno d’Achille Pelíde, a pugnar con la lancia.
195La quarta schiera, poi, guidava il vegliardo Fenice.
Alcimedonte la quinta, perfetto figliuol di Laerche.
     Or, poi che tutte l’ebbe distinte, disposte il Pelíde,
insiem coi duci loro, die’ lor questo fiero comando: