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50-79 CANTO XVI 85

50nulla mi disse la pura mia madre da parte di Giove;
ma questo è fiero cruccio che il cuore mi pènetra e l’alma,
allor che un uomo voglia privare d’un bene un suo pari,
e tòrgli i doni ch’ebbe, perché lo soverchia in potere.
Questo è per me fiero cruccio; ché tanto patíi nella guerra,
55e la fanciulla che a me gli Achivi prescelsero in dono,
e con la lancia mia conquistai, saccheggiando una rocca,
dalle mie mani Agamènnone, il forte figliuolo d’Atrèo,
rapí, come se qualche straniero spregevole io fossi.
Ma questo è omai seguíto, né piú se ne parli: covare
60collera eterna in cuore, possibil non è; ma pensavo
di non deporre prima lo sdegno, ma solo in quel punto
che giunga alle mie navi la furia e il tumulto di guerra.
Tu, dunque, l’armi mie fulgenti alle membra recingi,
ed i Mirmídoni vaghi di pugne, alla pugna conduci,
65se dei Troiani oramai s’addensa d’intorno alle navi
nugolo negro, e le stringe possente, e alla spiaggia del mare
piegan gli Argivi, e poco di terra piú ad essi rimane,
e tutta la città dei Troiani si lancia all’assalto
piena d’ardire, perché brillare non vedon da presso
70il mio cimiero. Oh!, presto colmar di cadaveri i fossi
dovrebbero fuggiaschi, se meco Agamènnone forte
fosse cortese! Adesso, circondano, incalzano il campo,
poiché di Dïomede figliuol di Tidèo nella destra
piú non infuria la lancia, schermendo gli Achèi dalla morte.
75Né odo piú la voce del figlio d’Atrèo, che risuoni
dall’odïosa bocca; ma d’Ettore sterminatore
strepono gli urli ai Troiani, con fiero tumulto i Troiani
empiono tutta la piana, ché vincono in zuffa gli Achivi.
Ma pure, a tener lungi dai legni l’estrema rovina,