stringendo in pugno un’asta foggiata agli scontri navali,
di venti braccia e due, coi pezzi connessi da chiovi.
E come allor che un uomo maestro a saltar sui cavalli, 680poiché quattro corsieri trascelse da un numero grande,
verso una gran città li spinge, affrettandosi al piano,
sopra la via maestra: molti uomini accorrono, molte
donne a vederlo; ed egli, sul dorso or dell’uno, or dell’altro,
si lancia, e piede in fallo non mette, e pur corrono a volo: 685cosí di ponte in ponte correa su le rapide navi,
a grandi balzi, Aiace, gridava da giungere al cielo.
E, sempre orride grida levando, ordinava agli Achivi
che difendesser le tende, le navi. Ma Ettore, anch’egli
non rimanea fra la turba dei saldi guerrieri troiani; 690anzi, come aquila fulva, che piomba sovresso uno stormo
di svolazzanti augelli, che presso le ripe d’un fiume
pàscono, d’oche, di gru, di cigni da l’agile collo:
Ettore anch’egli cosí, diritto a una cerula prora
contro balzò, ché Giove medesimo a tergo lo spinse 695con la sua mano possente, le turbe invitando a seguirlo.
Ed aspra arse di nuovo la pugna vicino alle navi.
E tu, ben detto avresti che freschi e indefessi eran quelli
che si scontravano in zuffa: tanta era la furia di guerra.
E tale questi e quelli nutrivan credenza: gli Achivi 700che qui, senza al malanno sfuggire, cadrebbero spenti;
e dei Troiani ognuno speranza nutriva nel seno
che brucerebbe le navi, che sterminerebbe gli Achivi.
Stavano gli uni cosí contro gli altri, con tali pensieri.
Ed Ettore abbrancò la poppa d’un grande naviglio, 705bello, veloce per mare, sul quale venuto era a Troia
Protesilào; né di lí tornò, né rivide la patria.