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648-677 CANTO XV 77

Cadde, impedito cosí, a terra supino; e rimbombo
orrido l’elmo levò d’intorno alle tempie al caduto.
Ettore pronto lo vide, correndo gli giunse dappresso,
650l’asta nel petto gl’infisse, l’uccise vicino agli amici;
e non poterono quelli, per quanto percossi dal cruccio,
dargli soccorso: ché troppo temevano d’Ettore divo.
     Giunsero innanzi alle navi; e qui li fermarono quelle
che prima erano state tirate sul lido. E i Troiani
655giunsero anch’essi. Gli Argivi lasciarono allora, costretti,
le navi estreme, e, fitti, si strinsero intorno alle tende,
né si sbandarono a caso pel campo: vergogna e timore
li tratteneano; e senza mai tregua, l’un l’altro esortava.
Nestore, poi, gerenio signor, baluardo d’Acaia,
660ad uno ad uno tutti pregava, pei loro parenti:
«Uomini siate, amici, vergogna vi regni nel cuore
degli altri uomini; e poi, ciascuno di voi si ricordi
dei figli, della sposa, dei beni, dei suoi genitori,
quegli che vivi ancora li serba, o a chi sono già morti.
665Per tutti essi, che sono lontani, in ginocchio vi prego
che resistiate saldi, che il pie’ non volgiate alla fuga».
     Spronò, cosí dicendo, la furia d’ognuno e il coraggio.
E Atena a lor dagli occhi disperse l’oscura infinita
nebbia; e una luce ad essi brillò da una parte e dall’altra,
670da quella delle navi, da quella del fiero cimento.
Ettore videro allora, gagliardo alla pugna, e i compagni,
e quanti erano indietro rimasti, lontan dalla pugna,
e quanti combatteano vicino alle rapide navi.
Pago però non fu d’Aiace il magnanimo cuore
675di lí restare donde fuggiti eran tutti gli Achivi,
ma delle rapide navi balzava sui ponti a gran passi,