Pagina:Iliade (Romagnoli) II.djvu/8

50-79 CANTO XIII 5

50ch’ivi frenarli sapranno gli Achei dalle belle gambiere;
ma qui, pavento assai che ci debba toccare un malanno,
dove s’avanza questo furente, che pare una fiamma,
Ettore, che si vanta figliuolo di Giove possente.
Cosí voi due potesse convincere alcuno dei Numi
55a far fronte voi stessi da prodi, a incitar l’altra gente!
Spingerlo allor potreste lontan dalle rapide navi,
per quanto infurî, pure se Giove egli stesso lo incita».
     E, cosí detto, il Nume che cinge, che scuote la terra,
col suo bastone entrambi percosse, e di furia gagliarda
60li empie’, leggeri i piedi ne rese, le mani, le membra.
Ed egli a volo surse, che sembrò sparviere veloce
che da un’altissima rupe scoscesa libratosi a volo,
giú, per cacciare un altro pennuto, si lancia nel piano.
Tal si spiccò da loro il Nume che scuote la terra.
65E primo Aiace, figlio veloce d’Ilèo, lo conobbe,
e volse al Telamonio cosí la veloce parola:
«Aiace, uno dei Numi d’Olimpo, l’aspetto del vate
assunse, e ci ordinò di combattere presso le navi.
Non è costui Calcante, l’interprete saggio d’auspíci:
70le mosse ho conosciute bene io delle gambe e dei piedi,
quando è da noi partito: ch’è facil conoscere i Numi.
E vedi, ora, anche a me, nel fondo del petto, il mio cuore
s’agita piú di prima, per muovere a guerra ed a zuffa,
fremere i piedi sotto mi sento, e le valide mani».
     75Il Telamonio Aiace rispose con queste parole:
«Ed anche a me cosí, le mani che stringon la lancia
fremono, e l’ira mia si desta, ed entrambi i miei piedi
sento balzarmi sotto, m’invade desío d’affrontare
Ettore, ch’or senza tregua c’investe; e sia pure da solo».