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409-438 CANTO XV 69

dei Dànai, e fra le tende cacciarsi e le navi d’Acaia:
410bensí, come cordella che drizza una trave navale
in man d’un fabbro esperto, che tutti i segreti dell’arte
bene conosce, ché a lui maestra fu Pàllade Atena:
pari fra quelli cosí si svolgeva, e accanita, la lotta.
Ed altri ad altre navi d’intorno stringeva la zuffa.
415Ettore contro Aiace guerrier glorïoso, era mosso,
e s’affannavano entrambi d’intorno a una nave; né quegli
poteva Aiace lungi scacciare, e bruciare la nave,
né lui poteva l’altro respinger: ché un Dio lo eccitava.
Aiace qui colpí Calètore, figlio di Clizio,
420con l’asta, in mezzo al petto, mentre egli accorreva col fuoco:
diede cadendo un rimbombo, di mano gli cadde la face.
Ettore, come si vide cader sotto gli occhi il cugino,
giú nella polvere, spento dinanzi al suo nero naviglio,
alta levò la voce, die’ ordine ai Licî e ai Troiani:
425«Licî, Troiani, e voi, valenti a combatter da presso,
Dàrdani, in simile stretta lasciar non vogliate la pugna,
bensí di Clizio il figlio correte a salvare, ché l’armi
non gli depredin gli Achivi: ch’ei cadde vicino alle navi».
     Detto cosí, lanciò contro Aiace la fulgida lancia;
430ma lo sbagliò, colpí Licòfrone, a Mèstore figlio,
ch’era scudiere d’Aiace. Nato era a Citèra; ma quivi
aveva ucciso un uomo; ed ora vivea presso Aiace.
Ettore lo colpí, che stava vicino ad Aiace,
sotto l’orecchio, con l’asta fulgente: piombò dalla poppa
435giú nella polvere, a terra, sciogliendo supine le membra.
Còlto d’un brivido, allora cosí disse Aiace al fratello:
«Teucro diletto, vedi che spento è di Mèstore il figlio,
fido compagno, che noi, quando egli fra noi dimorava,