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frecce da entrambe le parti volavan, cadevano genti;
320ma quando l’agitò dei Dànai sugli occhi, ed un urlo
alto egli stesso emise, nell’animo a tutti, stupore,
sgomento infuse; e niuno piú ebbe la mente alla pugna.
Come, allorché due fiere, mentre è piú profonda la notte,
scompigliano una mandra di bovi, di pecore un branco,
325quando il custode è lontano, giungendo repenti: del pari
si sgomentâr, fatti imbelli, gli Achivi; ché in essi terrore
Febo gittò, concesse ad Ettore gloria e ai Troiani.
Qui, sparpagliata la mischia, pugnavano, uomo contro uomo.
Ettore, Stichio ed Arcesilao tolse allora di vita,
330quello ai Beoti duce, coperti di vesti di bronzo,
questo di Menesteo magnanimo fido compagno.
Enea tolse la vita a Iaso e a Medonte. Era questi
figlio bastardo d’Ilèo, sovrano che ai Numi era pari:
era fratello, dunque, d’Aiace, e abitava Filàca,
335dalla sua patria lungi, ché avea d’Erïòpide ucciso
quivi il fratello, della consorte d’Oilèo, sua matrigna.
Iaso, guidati ad Ilio aveva i figliuoli d’Atene,
e lo dicevan figlio di Spelio Bucòlide. E a morte
Polidamante pose Mecisto: Políte, nel primo
340scontro, die’ morte ad Echio, Agenore fulgido a Clonio.
E Paride, colpí dell’omero a sommo Deiòco,
mentre fuggiva fra i primi, passando fuor fuori la lancia.
     E mentre essi i caduti spogliavan dell’armi, gli Achivi
giú nella fossa profonda, tra i pali gittandosi a furia,
345fuggivano qua e là, riparando sconfitti entro il muro.
E con un urlo, ai Troiani volse Ettore questo comando:
«Sopra le navi irrompete, lasciate le spoglie cruente!
Chiunque troverò vòlto altrove, lontan dalle navi,