d’intorno alla sua spoglia si strinsero in orrida zuffa. 440Polidamante corse, maestro di lancia, a riscossa,
figlio di Panto, e colpí Protoènore all’omero destro,
figlio d’Aríloco; l’asta passò, parte a parte, la spalla:
ei tra la polvere cadde, stringendo col pugno la terra.
Ed un vanto orrido Polidamante levò, con grandi urli: 445«Vana al ricambio, mi pare, del figlio animoso di Panto
dalla gagliarda mano balzata non è la saetta;
qualcuno degli Argivi l’accolse nel corpo; e su quella
potrà, credo, poggiato, discendere ai regni d’Averno».
Cosí diceva. E cruccio quel vanto destò negli Achivi; 450e piú d’ogni altro, Aiace figliuol di Telàmone, a sdegno
si mosse: ch’era a lui caduto da presso il ferito;
e gli lanciò, mentre egli cedeva, la lucida lancia.
Polidamante schivò, con un balzo di fianco, la Parca
negra; e colpito il figlio d’Antènore, Archèloco, giacque, 455ché i Numi aveano a lui decretato il destino di morte.
Il colpo giunse dove s’innestano il capo ed il collo,
proprio nell’ultima vertebra; e i tendini entrambi recise,
sí che la testa, la bocca, le nari toccarono il suolo
assai prima, quand’egli piombò, che gli stinchi e i ginocchi. 460E Aiace, allora, a Polidamante levò questo grido:
«Pènsaci sopra, Polidamante, e poi parlami il vero:
non è giusto compenso, quest’uomo, a Protènore ucciso?
Non pare a me ch’ei sia dappoco, né figlio a dappoco:
fratello egli è di certo d’Antènore, oppure suo figlio, 465ché a lui ben trasparía dal viso la stessa progenie».
Disse: ché ben sapeva chi fosse. E di cruccio i Troiani
furono pieni; e Acamante balzò del fratello a difesa,
e con la lancia colpí Promàco beota, che il corpo