«Ora a tua posta agli Achèi, Posídone, reca soccorso, 350e la vittoria ad essi concedi, e sia pure per poco,
sino a che Giove dorme: ché infusi letargo profondo
su lui, poi ch’Era l’ebbe sedotto in un laccio d’amore».
E cosí detto, ei mosse degli uomini alle inclite stirpi,
e il Nume accese piú di prima a soccorrer gli Achivi. 355Súbito egli balzò fra i primi, e die’ questi comandi:
«Argivi, ora vorremo permettere ch’Ettore vinca,
ch’arda le navi il figlio di Priamo, e riporti vittoria?
Egli cosí minaccia, si vanta cosí, perché lungi
sta su le navi Achille, che cova lo sdegno nel cuore. 360Ma troppa brama avere di lui non dovrem, se noialtri
ci scaglieremo tutti, l’un l’altro esortandoci, a zuffa.
Orsú, via, tutti quanti facciamo cosí come dico:
gli scudi tutti quanti s’imbraccin piú grandi e piú saldi
che sian nel campo, i capi si copran con gli elmi lucenti, 365si stringano nel pugno le lance piú lunghe, e si muova.
Io vostro duce sarò: vi dico che reggere all’urto
Ettore non potrà, per quanto furente guerriero:
Ed ogni prode ch’abbia su l’omero un piccolo scudo,
lo ceda a chi men vale, si copra d’un grande palvese». 370Cosí diceva; e quelli l’udiron, gli diedero ascolto.
E i re stessi, Agamènnone Atríde, ed Ulisse, e il Tidíde,
benché fosser feriti, in ordine poser le schiere,
e, ad uno ad uno andando, faceano lo scambio dell’armi,
ed il valente indossava le buone, le fiacche il piú fiacco. 375E poi ch’ebbero cinte le membra col lucido bronzo,
mossero; ed era guida Posídone ad essi, che in pugno
d’una terribil spada stringeva il lunghissimo taglio,
simile a un fulmine: a quella possibil non è farsi presso