esulterà, dei Dànai vedendo la fuga e la strage: 140ché cuore egli non ha nel petto, neppure un pochino:
possa di mala morte morire, ed un Nume lo acciechi!
Non t’hanno ancora in odio del tutto, i Signori d’Olimpo,
anzi, dovranno i duci, dovranno i signor’ dei Troiani
empiere il vasto piano di polvere; e tu li vedrai 145fuggire alla città, lontan dalle tende e le navi».
Detto cosí, si lanciò sul piano, levando un grande urlo.
Quanto gridar novemila potrebbero, o vuoi diecimila
guerrieri, quando l’urto comincia, la zuffa di Marte:
simile grido il Nume possente che scuote la terra, 150dal seno emise; e infuse nel cuore a ciascun degli Achei
fiera guerresca brama, fervore incessante di zuffe.
Era guardava intanto, la Diva dall’aureo trono,
che dell’Olimpo stava sovressa una vetta. E conobbe
il Nume, ch’era a lei fratello e cognato, che andava 155correndo, in gran faccenda, pel campo; e fu lieto il suo cuore.
Ma Giove scòrse poi, seduto sul vertice estremo
dell’Ida irriguo d’acque sorgive; e le parve odïoso.
E volse allora in mente, la Diva dagli occhi fulgenti,
come in inganno trarre potesse l’egìoco Giove. 160Questo, poi ch’ebbe pensato, le parve il partito migliore:
bene abbigliarsi tutta, poi farglisi accanto su l’Ida,
se lo cogliesse forse desio di giacere in amore
fra le sue braccia, ed ella soave sapore oblïoso
potesse a lui sul ciglio versar, su lo scaltro pensiero. 165Mosse al suo talamo allora, che aveva per lei costruito
suo figlio Efèsto, l’uscio su stipiti saldi adattando,
con una chiave segreta: niun altro dei Numi l’apriva.
Entrata qui, la Diva richiuse la porta lucente.