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769-797 CANTO XXIV 309

tu con le tue parole solevi esortarlo e frenarlo,
770con la mitezza tua, le tue concilianti parole.
Perciò col cruccio in cuore te lagrimo adesso, e me stessa.
Perché niun altri c’è nell’ampia città dei Troiani
mite e benigno con me, ché anzi mi aborrono tutti».
     Cosí dicea piangendo, gemeva la turba infinita.
775E il vecchio Priamo, queste parole al suo popolo volse:
«Troiani, alla città recate ora legna: ché Achille
quando mi congedò, promise che a darci molestia
non penserà, se prima non brillino dodici aurore».
     Disse. Ed ai carri quelli giovenchi aggiogarono e muli,
780e innanzi alla città s’adunarono súbito tutti.
Per nove dí dalla selva recarono legna infinite;
ma quando apparve poi, fulgente, la decima aurora,
Ettore prode allora portaron piangendo, la salma
a sommo della pira deposero, accesero il fuoco.
785Quando l’Aurora apparí mattiniera, ch’à dita di rose,
d’Ettore intorno al rogo si venne accogliendo la gente.
E quando intorno poi qui furono tutti, e raccolti,
spensero prima tutta la pira col fulgido vino,
dovunque spinta s’era la forza del fuoco, poi l’ossa
790bianche, versando pianto, raccolser fratelli e compagni,
e per le loro guance cadevano lagrime fitte.
Poi dentro un’urna d’oro racchiusero il cuore, e sovr’essa
morbidi, a ricoprirla, disteser purpurëi pepli.
Dentro una cava fossa di poi la deposero; e sopra
795immani e fitte pietre vi posero, e il tumulo in fretta
poi v’innalzarono. Intanto, vegliavano in giro le scolte,
se mai prima del tempo venisser gli Achivi all’assalto.