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296 ILIADE 380-409

380tanti tesori sí belli, li rechi tu forse lontano,
presso straniere genti, ché lí ti rimangan sicuri,
oppur la sacra Troia lasciate oramai tutti quanti,
per il timore, perché spento è l’uomo piú prode di tutti,
il figlio tuo? Ché certo non era egli scarso alla guerra».
     385E il vecchio Príamo a lui rispose con queste parole:
«O buono, e chi sei tu? Da che genitori sei nato?
Con che dolcezza parli del mio sventurato figliuolo!».
     E l’Argicída a lui rispose, che l’anime guida:
«D’Ettore divo tu mi chiedi, buon vecchio, e mi tenti:
390io molte volte, nella battaglia che prova le genti,
l’ho con questi occhi veduto, quando egli, spingendo alle navi
gli Achei, li sterminava, struggeva, col lucido bronzo.
Ad ammirarlo noi stavamo; ché in collera Achille
contro l’Atríde, a noi proibiva che andassimo a zuffa:
395ch’io suo scudiere sono, qui sola una nave ci addusse.
Io dei Mirmídoni sono, mio padre è Políttore: è ricco
di molti beni, ed ha sei figli, ed il settimo io sono.
Tratto fra questi a sorte, venuto qui sono alla guerra.
E dalle navi al piano mòvo ora: ché all’alba dimani
400gli Achivi occhi rotondi daranno l’assalto alla rocca,
ché troppo a lungo inerti restare, li tedia; e tenere
piú non li possono i re degli Achei: tanto braman la pugna».
     E Priamo, il re che un Nume sembrava, cosí gli rispose:
«Se tu sei veramente scudiere d’Achille Pelíde,
405esponi tutto a me, senza nulla nascondermi, il vero:
presso le navi ancora si trova mio figlio, od Achille
l’ha fatto a brani già con la spada, l’ha dato ai suoi cani?».
     E l’Argicída che l’anime guida, cosí gli rispose:
«No, divorato ancora non l’hanno né cani né uccelli,