Poscia il Pelíde una lancia recò che gittava lunga ombra,
e nella lizza la pose, pose anche un elmetto e uno scudo, 800l’armi di Sarpedonte, da Pàtroclo un giorno spogliato;
e, stando in piedi, queste parole rivolse agli Achivi:
«Bramo che due guerrieri, quei due che si senton piú forti,
l’arme indossate, il bronzo tagliente nel pugno stringendo,
facciano prova l’un dell’altro dinanzi al consesso. 805E chi primo le membra dell’altro disfiori, e colpisca
le visceri, passando per l’armi e pel livido sangue,
io gli darò questa spada di Tracia, di chiovi d’argento
ornata, bella: un giorno la tolsi ad Asteropèo.
Prendano entrambi poi, si spartiscano l’armi fra loro; 810e nelle tende avranno per giunta un lauto banchetto».
Disse. Ed Aiace primo balzò, di Telàmone il figlio,
e Dïomede secondo, gagliardo figliuol di Tidèo.
E poi ch’entrambi armati si furon lontan da la folla,
in mezzo l’uno e l’altro si fecer, bramosi di pugna, 815lanciando fieri sguardi: gli Achivi stupirono tutti.
E quando l’un su l’altro movendo, già erano presso,
tre volte si lanciarono, tre si azzuffâr corpo a corpo.
E quivi, Aiace il colpo vibrò su lo scudo rotondo,
ma non raggiunse la pelle, ché schermo faceva l’usbergo. 820E Dïomede, sempre, di sopra all’immane palvese,
spingeva verso il collo la punta dell’asta lucente.
E, paventando allora gli Achei per la vita d’Aiace,
gridâr che fine avesse, con pari compenso, l’agone.
E poscia Achille die’ la fulgida spada al Tidíde: 825con la guaina a lui, col bàlteo bello la porse.
Poscia un gran globo di ferro non pur lavorato, il Pelíde
pose alla gara. Un tempo Etíone soleva scagliarlo.