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469-498 CANTO XXIII 265

Ma su, dunque, anche voi sorgete, e guardate: ché bene
470io non distinguo. Certo, d’Etolia mi sembra quell’uomo:
uno mi sembra dei re degli Argivi, il figliuol d’un eroe,
prode a domare corsieri, Tidèo: Dïomede mi sembra».
     E Aiace Oilèo, parole di sconcia rampogna gli volse:
«Idomenèo, che vai cianciando da un pezzo? Lontane
475son le giumente ancora dal rapido pie’ su la piana:
ché non di tanto sei piú giovane tu fra gli Achivi,
né del tuo capo gli occhi son tanto piú acuti dei nostri.
Ma tu sempre di ciance ti pasci; e cianciar non dovresti
perché molti qui sono migliori di te: le cavalle
480che vedi innanzi, sono le stesse di prima; ed Eumèlo
stesso è colui che dal carro le guida, e le redini stringe».
     E a lui, pieno di sdegno, rispose il signor dei Cretesi:
«Aiace, prode in rissa, ma fiacco di testa, da meno
di tutti gli altri Argivi tu sei, perché tu sei scortese.
485Su via, dunque, un lebète si metta ed un tripode in pegno,
giudice entrambi eleggiamo l’Atride Agamènnone: ei dica
quali cavalli sono mai questi, e tu impara a tue spese».
     Disse. Ed in piedi balzò Aiace, il figliuol d’Oïlèo,
pronto a rispondere, pieno di cruccio, parole d’oltraggio.
490E fra quei due sarebbe di certo cresciuta la rissa,
se Achille stesso, surto fra loro, cosí non diceva:
«Non corrano tra voi piú altre parole d’offesa,
o Aiace, o Idomenèo, né oltraggi; perché non è bene:
vi cruccereste anche voi, con un altro che questo facesse.
495No, fra le turbe anche voi sedete, e restate a vedere.
Giungere qui ben presto vedrete i cavalli che al corso
contendon la vittoria: potrete distinguere allora
qual dei cavalli argivi vien primo, qual vien secondo».