290E dopo lui, Dïomede balzò, di Tidèo prode figlio,
che sotto il giogo i corsieri legò dei Troiani, che un giorno
tolse ad Enea: fu questi salvato per grazia d’Apollo.
Il biondo Menelao poi surse, figliuolo d’Atrèo,
stirpe divina, al giogo legando i veloci cavalli, 295Podarge, ch’era il suo, d’Agamènnone l’altra; il suo nome
era Àita; e data in dono l’aveva all’Atríde Echepòlo
figlio d’Anchisia, perché lo lasciasse a godere i suoi beni,
senza condurlo a Troia: ché Giove concessa gli aveva
grande opulenza: abitava Sicione dall’ampie contrade: 300or sotto il giogo l’addusse, fremente per brama di corse.
Antíloco apprestò per quarto i veloci cavalli,
di Nèstore signore, valente figliuol di Nelèo,
fulgido figlio. I suoi cavalli nati erano in Pilo,
ch’ivi traevano il carro. Vicino gli stava suo padre, 305e l’ammoniva pel bene, per quanto ei già fosse assennato:
«Te prediligon, sebbene sei giovane, Antíloco, tanto,
Giove e Posídone, e sperto te resero d’ogni segreto
dell’arte equestre; e dunque, bisogno non c’è d’addestrarti.
Bene d’intorno alla mèta girare tu sai; ma son lenti 310i tuoi cavalli; e temo perciò che ti facciano scorno.
Han gli altri piú veloci cavalli, ma scaltri essi stessi
non sono piú di te, che trovino astuzie migliori.
Orsú, diletto mio, riscuoti ogni specie d’astuzia
nel pensier tuo, perché sfuggir non ti debbano i premi. 315Il boscaiòlo fa piú con l’astuzia che non con la forza:
il navichier, con l’astuzia sovresso il purpurëo ponto
guida la rapida nave, per quanto la sbattano i venti;
e con l’astuzia, l’auriga può vincere al corso l’auriga.
Chi nei cavalli suoi troppo invece confida e nel carro,