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252 ILIADE 80-109

80Ed anche a te, che ai Numi sei simile, Achille, è destino
che tu sotto le mura dei Teucri opulenti soccomba.
E un’altra cosa ancora ti dico, se ascolto vuoi darmi:
non sian deposte, Achille, lontan dalle tue, l’ossa mie;
ma insieme, come insieme ci crebbe un medesimo tetto,
85quando Menezio da Opunte condusse me pargolo ancora,
a casa vostra; e fu la causa un funesto omicidio:
ché io d’Anfidamante, me misero, uccisi il figliuolo,
senza volerlo; e nacque pel giuoco dei dadi la furia.
Nella sua casa allora m’accolse tuo padre Pelèo,
90che m’allevò con amore, che a te volle farmi scudiere.
E dunque un’urna sola d’entrambi le ceneri accolga,
l’anfora d’oro, che a te donava la madre divina».
     E a lui rispose, Achille l’eroe dai pie’ celeri, e disse:
«Per che ragione qui sei venuto, diletto compagno?
95Perché mi volgi tante preghiere? Disposto sono io
a soddisfarle, a fare che vadano tutte compiute.
Ma fatti a me piú presso: gittiamoci al collo le braccia
l’uno dell’altro, e ci sazi l’amaro piacere del pianto».
     E si protese, com’ebbe ciò detto, e le braccia dischiuse;
100e nulla strinse: a guisa di fumo, sotterra, stridendo
l’anima sparve. E Achille dal sonno balzò sbigottito,
batté le palme, e in queste parole di pianto proruppe:
«Deh!, sciagurati noi, c’è pur, nelle case d’Averno,
l’anima e l’ombra, dunque; ma in esse ogni spirito manca.
105Perché tutta la notte del misero Pàtroclo l’alma
sopra il mio capo stette piangendo, levando lamenti,
simile in tutto a lui d’aspetto; e preghiera mi volse».
     Cosí diceva; e in tutti destò desiderio di pianto.
E a lor, mentre sul corpo defunto piangevano, Aurora