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232 ILIADE 79-108

A Priamo presso, pianto versando, la madre gemeva,
80e, sollevando il peplo sul seno, mostrava la mamma,
e tra le lagrime queste veloci parole diceva:
     «Ettore, figlio mio, questo seno rispetta, e ti muovi
a compassione di me, se mai la mammella io ti porsi,
quando piangevi! Figlio, ricòrdati, e schiva quell’uomo!
85Vieni alle mura dentro, non stare ad attenderlo solo!
Misero figlio! Se mai t’uccidesse, non già sul tuo letto
te piangeremmo, né io, né la florida sposa, figliuolo
delle mie viscere, caro! Ma lungi, ben lungi da noi,
te presso i legni achei sbranerebbero i cani veloci».
     90Questo dicevano al figlio diletto, con molte preghiere,
con molto pianto; né pure convinsero d’Ettore il cuore:
esso attendeva l’orribile Achille, che già gli era sopra.
Come sui monti un drago pasciuto di succhi maligni
ch’entro gli spirano atroce furore, in attesa dell’uomo,
95stretto sul covo a spira, dardeggia terribili sguardi:
Ettore cosí, pieno d’inestinguibile furia,
saldo restava, poggiato lo scudo alla torre sporgente,
e nel gran cruccio cosí parlava al magnanimo cuore:
«Misero me, se attraverso la porta, se vo tra le mura,
100Polidamante per primo vorrebbe coprirmi d’obbrobrio,
egli che m’esortava guidar nella rocca i Troiani,
quella funesta notte che Achille piombò nella mischia.
Io non gli diedi ascolto; e sí, meglio stato sarebbe.
Ora che tanta gente vedo io per mia colpa caduta,
105io dei Troiani e delle Troiane pavento, che alcuno
malignamente, non debba cosí di me dire: — Seguendo
Ettore la sua furia, segnò la rovina di tutti. —
Cosí diranno. E allora per me molto meglio sarebbe