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224 ILIADE 559-588

via deterso il sudore, potrei ritornarmene ad Ilio.
560Anima mia, che cosa tu vai fra te stessa dicendo?
Se m’allontano pel piano lontan dalle mura, mi scorge,
ed inseguendomi, ratto m’aggiunge coi piedi veloci,
né sarà modo ch’io possa le Parche evitare e la Morte:
ché troppo egli in valore si leva sugli uomini tutti.
565E se dinanzi alle mura mi fermo, ed incontro gli muovo?
Anche il suo corpo si può forare col bronzo affilato;
solo uno spirito egli ha, mortale egli è pure, per quanto
dicono tutti; ma Giove lo vuole ricolmo di gloria».
     Disse; ed in sé raccolto, attese il Pelíde; ed il petto
570suo valoroso empieva di guerra una furia e di lotta.
Come pantera che avanza dai fitti recessi d’un bosco
al cacciatore contro, né il cuore terrore le ingombra,
né sbigottisce, per quanto l’avvolga il latrato dei cani:
ché pur se quegli primo riesce a colpirla, a ferirla,
575anche cosí, trafitta da cuspide aguzza, non resta
dalla sua furia, se prima nol colga, o non resti abbattuta:
similemente il figlio d’Antènore, Agènore prode,
darsi non volle alla fuga, ma prima far prova d’Achille.
E tutto quanto dietro nascosto allo scudo rotondo,
580librò contro di lui la zagaglia, con alta minaccia:
«Questa speranza davvero nutrivi nell’animo, Achille,
d’oggi espugnare la bella città dei guerrieri troiani?
Stolto che sei! Molti altri cordogli t’attendono ancora:
però che molti ancora siamo uomini prodi e gagliardi,
585che per i nostri figli, le spose dilette e i parenti,
difenderemo Troia. Tu poi, contro al fato di morte
muovi, benché tu sii terribile e audace guerriero».
     Disse, e l’acuta zagaglia vibrò dalla mano gagliarda.