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212 ILIADE 200-229

     200Detto cosí, dalla ripa divelse la lancia di bronzo,
ed il corpo abbandonò, poiché gli ebbe tolta la vita,
sovra la sabbia proteso, bagnandolo i torbidi flutti.
E brulicarono al morto d’attorno le anguille ed i pesci
che divoravan le polpe sue grasse, rodevano i nervi.
205Sui cavalieri Peòni balzò quindi infesto il Pelíde,
che si sbandarono in fuga lunghesse le rive del fiume,
poi ch’ebber visto sotto le mani e la spada d’Achille
nella terribile zuffa cadere il piú forte dei loro.
Quivi Tersíloco e Mídone e Astípilo caddero spenti,
210ed Ofeleste e Mneso ed Enio con Trasio. Ed uccisi
molti Peòni ancora qui avrebbe il veloce Pelíde,
se non gli avesse parlato pieno d’ira il fiume profondo,
che, forma assunta d’uomo, tal voce levò dai suoi gorghi:
«Achille, piú d’ogni altro sei forte; ma compi misfatti
215orridi piú d’ogni altro: ché sempre t’assistono i Numi.
Se t’ha concesso Giove che stermini tutti i Troiani,
cacciali fuor dai miei vortici, esercita al pian le tue gesta:
ché di cadaveri colme son già le mie pure fluenti,
né posso piú la mia corrente sospingere al mare,
220mi fanno inciampo i morti, né tu dalla strage desisti.
Smetti, su via, ch’io sono sgomento, possente signore!».
     E gli rispose Achille dai piedi veloci, e gli disse:
«Li caccerò, come, o divo Scamandro, desideri, al piano;
ma non tralascerò l’eccidio dei Teucri spergiuri,
225prima che nella città li spinga, e con Ettore stia
a fronte a fronte, ch’egli m’uccida, o da me resti ucciso».
     Detto cosí, sui Troiani balzò come un dèmone infesto.
Ma si rivolse il fiume dai gorghi profondi ad Apollo:
«Ahimè, di Giove figlio dall’arco d’argento, il volere