140con omicida furia proruppe sopra Asteropèo,
figlio di Pelegóno. L’Assío dalle belle fluenti
padre, madre gli fu Peribèa, d’Acessàmeno figlia,
la prima nata, stretta d’amore col fiume profondo.
Gli balzò sopra Achille, di contro dal fiume gli stette 145l’altro, due lancie vibrando, ché furia nel cuor gl’infondeva
Xanto, furente di sdegno pei giovani tanti trafitti,
cui sterminava Achille, cuor senza pietà, nei suoi gorghi.
Or, poi che l’uno all’altro, movendosi, furono presso,
prese per primo Achille veloce divino a parlare: 150«Chi sei tu mai, di che gente, che muovere ardisci a me contro?
Alla mia furia, solo si oppone chi nacque a sciagura».
E di Pelègono il figlio fulgente cosí gli rispose:
«Pelíde, animo eccelso, perché la mia stirpe mi chiedi?
Nella Peonia io nacqui remota, dal fertile suolo, 155ed i Peòni conduco che vibrano cuspidi lunghe.
Questa è l’undecima aurora che giunsi alla rocca di Troia.
Della mia stirpe fu capo l’Assío da le belle fluenti,
il piú bello dei fiumi che scorrono sopra la terra:
ei generò mio padre Pelègono, lancia gagliarda: 160dicon ch’io nacqui da lui. Ma or, prode Achille, alla zuffa!».
Disse cosí con piglio minace. Ed Achille divino
alto vibrò la lancia di fràssino pelio; e d’un colpo
Asteropèo lanciò due zagaglie: ch’egli era ambidestro.
Una zagaglia colpí lo scudo; né valse a forarlo, 165perché l’oro faceva riparo, foggiato dal Nume:
a fior di pelle Achille scalfiva nel gómito destro
l’altra, e sgorgò nero sangue: volando troppo alta, la lancia,
si conficcò nella terra, restò con la brama del sangue.
Ecco, a sua volta, diritta la lancia di frassino Achille