80Ora, tre volte tanti ne avrai di riscatto. È pur questa
la dodicesima luce, che io, dopo molti travagli,
giunto era in Ilio; ma il fato funesto di nuovo or mi gitta
sotto le mani tue. Sarò bene io l’odio di Giove,
che in tua balía di nuovo mi pone! Ah!, che a vita sí breve 85mi generò d’Altào vegliardo la figlia Laòte,
d’Altào, ch’era sovrano dei Lèlegi vaghi di pugne,
sul Satnioento, aveva in Pèdaso eccelsa la reggia.
Príamo s’ebbe la sua figliuola, fra l’altre sue spose;
e due da lei nascemmo, che tu vuoi trafiggere entrambi. 90L’un, tra le prime schiere dei fanti abbattesti: il divino
Polidoro, che tu trafiggesti col cuspide aguzzo:
ora la mala mia sorte sarai qui per me, ché scampare
dalle tue mani, ove un dèmone infesto m’ha spinto, dispero.
Ma questo ancor ti dico, né chiuso rimanga il tuo cuore: 95non mi finir: ché portato non m’ha l’alvo stesso onde nacque
Ettore, quegli che al tuo compagno diletto die’ morte».
Dunque cosí diceva di Priamo il fulgido figlio
con supplichevoli accenti; ma fu la risposta implacata:
«Misero te, non propormi, promessa non far di riscatti. 100Prima che il dí fatale scendesse su Pàtroclo, piacque,
grato al mio cuore fu, risparmiar dei Troiani la vita,
sí ch’io molti pur vivi li presi per venderli. Adesso,
niuno potrà sfuggire la morte, di quanti un Celeste
sotto le mani mi gitti, dinanzi alle mura di Troia, 105niun dei Troiani, e meno d’ogni altro di Priamo i figli.
Misero, e dunque muori tu pure: a che sí ti lamenti?
Pàtroclo anch’egli è morto, che tanto di te piú valeva.
Ed anche me, non vedi, come io sono bello e gagliardo?
E valoroso è mio padre, mi diede alla luce una Diva;