440Strepito secco allor diede, squarciata dintorno alla punta,
diede cadendo un rimbombo. La lancia era infitta nel cuore,
guizzar faceva il cuore coi palpiti il calcio dell’asta:
qui Marte crudo, infine, lasciò che vanisse la furia.
E Idomenèo levò, con grande urlo, un vanto feroce: 445«Dëífobo, dobbiamo pensar che sia giusto compenso
uccider tre per uno? ché questo era pure il tuo vanto.
Vieni dinanzi a me fronte a fronte, anche tu, sciagurato,
sí che tu sappia quale sono io, che di Giove discendo,
che prima generò Minosse a regnare su Creta: 450questi ebbe un figlio scevro di biasimo, Deucalïone,
Deucalïone me generò, che regnassi sul fitto
popol di Creta. E qui m’addusser le rapide navi
per la sciagura tua, di tuo padre, di tutti i Troiani».
Cosí disse. E fra due rimase Dëífobo incerto: 455o s’ei, trattosi indietro, cercasse qualcun dei Troiani
per suo compagno, oppure tentasse la prova da solo.
Questo, pensando, il meglio gli parve: cercare d’Enea.
Ed ecco, lo trovò che stava fra l’ultime schiere:
ch’ei sempre contro Príamo divino era pieno di cruccio, 460ché lo stimava poco, sebbene era prode fra i prodi.
Presso gli stette, e queste veloci parole gli disse:
«Enea, tu che i Troiani conosci, ora sí, che vendetta
del tuo cognato devi tu fare, se pure n’hai lutto!
Seguimi, d’Àlcato, su, facciamo vendetta, se pure 465nella tua casa ei t’ha nutrito, quando eri ancor tanto.
Idomenèo, valente maestro di lancia, or l’ha spento».
Disse; e con queste parole furore gl’infuse nel seno.
E verso Idomenèo s’avventò, desïoso di pugna.
E Idomenèo non già sgomentò, come fosse un dappoco: