20Colpiva tutto in giro: la spada feriva, sorgeva
misero il grido, rossi correvano i gorghi di sangue.
Come allorché, dinanzi l’immane delfin, gli altri pesci
fuggono, e negli anfratti s’accalcan d’un porto securo,
tutti sgomenti, ché quanti ne giunge, l’inghiotte vorace: 25similemente i Troiani, pei flutti del fiume tremendo,
si rannicchiavano sotto le ripe. Or, poi ch’egli le mani
ebbe di strage stanche, dai vortici dodici trasse
giovani vivi, che il fio pagasser di Pàtroclo spento.
Fuori dall’acqua, come cerbiatti sgomenti, li trasse, 30e dietro il dorso a tutti le mani avvinghiò con le cinghie
ch’essi portavan, polite, sovresse le tuniche molli:
quindi li diede ai compagni, che sopra le navi ricurve
li conducessero. Ed egli proruppe di nuovo alla strage.
Qui si trovò con uno dei figli di Priamo a fronte, 35con Licaone, fuggiasco dal fiume. Già un tempo rapito
in un agguato notturno l’avea dai poderi del padre.
Esso d’un caprifico tagliava le rame novelle
con l’affilata scure, per farne d’un carro le sponde,
quando su lui piombò l’improvviso flagello d’Achille, 40che lo mandò, sovresse le navi, per venderlo a Lemno,
e ne die’ prezzo Eumèo, figliuol di Giasone. D’Eumèo
quindi un ospite, Etíone d’Imbro, con molti presenti
lo riscattò, che ad Arisba divina lo addusse; e di furto
quindi fuggito, era giunto di nuovo alla casa del padre. 45Undici giorni pote’, scampato da Lemno, godere
la compagnia dei suoi cari; perché nel duodecimo, un Nume
sotto le mani d’Achille di nuovo il gittò, che doveva
d’Ade alla casa spedirlo, sebbene a mal grado vi andasse.
Come lo vide, Achille veloce di pie’, tutto ignudo,