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172 ILIADE 140-169

140e tutti i doni a te recare farò, quanti Ulisse
nella tua tenda ieri venuto, a promettere t’ebbe.
E, se tu vuoi, qui aspetta, per quanto la pugna tu brami;
e gli scudieri miei, dalla tenda prendendo i miei doni,
li recheranno, ché veda se quello ti dò che tu brami».
     145E Achille pie’ veloce rispose con queste parole:
«D’Atrèo celebre figlio, Agamènnone sire di genti,
i doni, se tu vuoi, di’ pur che li portino; oppure
tienili presso di te. Per ora, si pensi alla guerra,
prima che sia: ché qui non bisogna restare a trastullo,
150perdere tempo: è grave l’impresa che compier si deve.
E chi di voi vedrà fra i primi combattere Achille
con la sua lancia di bronzo, struggendo le teucre falangi,
porre non deve in oblio la lotta con chi gli si affronti».
     E questo Ulisse a lui, l’eroe sagacissimo, disse:
155«Achille, ai Numi pari, per quanto tu sii valoroso,
contro Ilio non mandare digiuni i guerrieri d’Acaia,
contro i Troiani a pugnare; perché breve tempo la zuffa
non durerà, poiché si saranno incontrate le schiere,
e un Nume in queste e in quelle infonda furore di guerra.
160Ordine prima dà che presso alle navi gli Achei
cibino pane e vino, ché quivi è la forza e il valore;
perché, per tutto un dì, sino all’ora che il sole s’immerge,
un uom che sia digiuno non può tener fronte al nemico:
perché, se pure il cuore lo spinge alla zuffa, pesanti
165si fanno a mano a mano le membra, la fame e la sete
lo coglie, le ginocchia gli mancano, mentre cammina.
Ma l’uomo invece ch’è ben sazio di cibo e di vino,
da mane a sera può combattere contro i nemici,
è pien d’ardore il cuore nel seno, né stanche le membra