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50-79 CANTO XIX 169

50Giunti che furono qui, sedettero, primi fra tutti.
Giunse Agamènnone, sire di genti, per ultimo: anch’egli
era ferito: l’aveva colpito nel fiero cimento
con la sua lancia di bronzo, Coóne, d’Antènore figlio.
E poi che furon tutti raccolti i figliuoli d’Acaia,
55surse fra loro Achille dai piedi veloci a parlare:
«Sí, per entrambi, Atride, fu quello il partito migliore,
per me, per te, quel dí, che, crucciati, che ligi a Contesa
che strugge l’alme, a lite venimmo per una fanciulla!
Deh!, su le navi con una saetta colpita l’avesse
60Artèmide quel dí, ch’io la presi e distrussi Lirnesso:
ché tanti e tanti Achèi non avrebbero morsa la terra
sotto i nemici colpi, mentre io lungi stavo nell’ira.
Per Ettore, pei Teucri, vantaggio fu, sí; ma gli Achivi
lunga dell’ira nostra memoria serbare dovranno.
65Ma quello ch’è trascorso, si oblii, se pur cruccio se n’abbia;
e la necessità, gli spiriti domi nei petti.
Ecco, dall’ira mia desisto, giacché non conviene
che senza tregua io sia corrucciato. E tu, senza piú indugio,
alla battaglia sospingi gli Achei dalle floride chiome,
70sí ch’io, contro i Troiani movendo, far possa la prova
se mai presso le navi volessero fare il bivacco.
Ma piú d’uno, credo io, vorrà rimanere in riposo,
se dalla lancia mia scamperà nella pugna crudele».
     Cosí disse. E fûr lieti gli Achei dalle belle gambiere,
75che avesse infine l’ira deposta il magnanimo Achille.
Ed Agamènnone, sire di popoli, surse a parlare,
di là dov’ei sedeva, ché in mezzo al convegno non venne.
«Dànai, guerrieri miei valorosi, scudieri di Marte,
conviene, quando un uomo si leva a parlare, ascoltarlo,