80ma che gioia è la mia, se Pàtroclo è spento, l’amico
diletto mio, che io pregiavo fra tutti i compagni,
come la vita mia? L’ho perduto, dell’armi superbe
Ettore l’ha spogliato, che morte gli diede, dell’armi
meravigliose, belle, che diedero i Numi a Pelèo, 85quel dí che te, Celeste, gittarono in braccio a un mortale.
Deh!, se tu fossi rimasta vicina alle Ninfe immortali,
e avesse il padre mio sposata una donna mortale!
E invece.... Anche tu devi crucciarti di doglia infinita,
pel figlio tuo che deve morire, che tu non potrai 90rïabbracciare al ritorno: ché vivere piú non voglio io,
né rimaner su la terra, se prima di Príamo il figlio
dalla mia lancia non cada colpito, non sconti la pena:
ch’ei Pàtroclo spogliò dell’armi, il figliuol di Menezio».
E Teti a lui rispose, di pianto bagnando le ciglia: 95«E dunque, presto, o figlio, per ciò che tu dici, morrai,
poiché il Destino per te dopo Ettore segna la morte».
E a lei rispose Achille veloce, col cuore in corruccio:
«Súbito, deh!, potessi morir, ché non seppi al compagno
dare soccorso; ed egli caduto è lontan dalla patria, 100e invano attese ch’io giungessi a salvarlo da morte!
Ed ora, poi, non faccio ritorno alla terra paterna,
né a Pàtroclo soccorso saputo ho recar, né ai compagni!
Presso alle navi seggo, disutile peso alla terra,
sebbene tale io sia, quale niun degli Achivi guerrieri 105nelle battaglie, ch’altri mi può superar nei consigli.
Deh!, la contesa andasse distrutta fra gli uomini e i Numi,
distrutta andasse l’ira, che spinge a furore anche il saggio,
che, piú soave assai del miele che stilla dai favi
si espande entro nei petti degli uomini, a guisa di fumo,