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469-498 CANTO XVII 131

e in cuor questo disegno ti pose, che util non reca,
470che nelle prime file cosí tu combatta da solo
contro i Troiani? Il tuo compagno fu spento; e superbo
Ettore va, ché le membra si cinse dell’armi d’Achille».
     Automedonte a lui, di Díore figlio, rispose:
«Alcimedonte, e chi altri potrebbe, fra tutti gli Achivi,
475regger la furia, e a freno tenere i corsieri immortali,
come quand’era vivo l’eroe pari ai Numi nel senno,
Pàtroclo? Ora su lui piombaron la Parca e la Morte.
Ma su, tu prendi adesso la sferza e le lucide briglie,
ed io discenderò, per prendere parte alla mischia».
     480Disse. Ed Alcimedonte balzò sopra il carro di guerra
velocemente, in pugno stringendo le briglie e la sferza.
Automedonte a terra balzò giú dal carro; e lo vide
Ettore tosto; e ad Enea si volse, che gli era da presso:
«Enea, tu che i Troiani dall’arme di bronzo consigli,
485i due cavalli ho visti d’Achille dal piede veloce,
che son, da tristi aurighi guidati, comparsi nel campo.
Ed io speranza avrei, se tu desiderio ne avessi,
d’averli in nostra mano: ché certo, se noi ci avventiamo,
non oseranno starci di fronte, e appiccare la zuffa».
     490Disse cosí: né il prode figliuolo d’Anchise fu tardo.
E mosser l’uno e l’altro, con gli òmeri avvolti di salde
aride pelli di bue, su cui spesso stendevasi il bronzo.
E insiem con essi, Cromio, e Arète, divino all’aspetto,
ivano a pari; e grande speranza nutrivano in cuore
495di uccidere quei due, di predare i superbi cavalli.
Stolti! Né ritornare dovean senza spargere sangue:
ché Automedonte al padre Croníde rivolse una prece.
Pieno il profondo seno sentí di vigore e di forza,