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409-438 CANTO XVII 129

ma non gli avea predetto il male seguíto, che spento
410era l’amico suo, diletto fra tutti i compagni.
     E senza posa quelli, vibrando le lancie affilate,
stavano intorno alla salma pugnando, l’un l’altro uccidendo;
e alcuno degli Achivi coperti di bronzo, diceva:
«Amici, non sarà bella fama per noi, ritornare
415presso le concave navi: no, prima ci còpra qui tutti
la negra terra: questo sarà molto meglio per noi,
se questa salma dovremo lasciare ai guerrieri troiani,
che nella loro città la rechino, e n’abbiano gloria».
     E d’altra parte, cosí diceva talun dei Troiani:
420«Se pure vuole il Fato che presso a quest’uomo cadere
tutti dobbiamo, amici, nessuno abbandoni la pugna».
Cosí dicea taluno, negli altri eccitava la furia.
Cosí dunque costoro pugnavano; e un ferreo clamore
su, fino al bronzeo cielo, volava pel vuoto dell’aria.
     425E dalla zuffa intanto lontani, i corsieri d’Achille
stavan versando pianto, poi ch’ebber saputo che spento,
d’Ettore sotto ai colpi, giacea nella polve l’auriga.
Invano Automedonte, di Díore il prode figliuolo,
li andava stimolando, battendo con l’agile sferza,
430or con blandizie ad essi volgendosi, ed or con minacce.
Essi, né indietro tornare, su l’ampio Ellesponto, alle navi,
né fra gli Achei tornare volean, dove ardeva la pugna.
Ma, come ferma sta colonna, che sopra una tomba
sorge diritta, d’un uomo defunto, di donna defunta,
435saldi essi stavano, immoto reggendo il bellissimo carro,
figgendo al suol recline le teste; e scorrevano a terra
lagrime calde, dai cigli: per brama del loro signore
piangeano; e s’imbrattava al suolo la folta criniera,