170Imbrio, di Mentore figlio, signore di molti cavalli.
Pria che giungessero i figli d’Acaia, abitava il Pedèo,
ed una figlia spuria di Príamo, Medesicasta
era sua moglie; e quando poi giunser dei Dànai le navi,
tornò di nuovo ad Ilio, distinto fra tutti i Troiani, 175ed abitava con Priamo, che caro lo avea come un figlio.
Lui con la lunga lancia colpí Teucro sotto l’orecchio,
poi trasse il ferro; e quello, giú cadde che un frassino parve,
che sulla vetta d’un monte, visibile a tutti da lungi,
reclina al suol, recise dal bronzo, le tenere frondi: 180cosí piombò, su lui rimbombarono l’armi di bronzo.
E Teucro si lanciò, che l’armi bramava predargli:
Ettore contro, mentre movea, gli vibrò la sua lancia;
egli però, che vide, la punta di bronzo, per poco
giunse a schivare; e trafisse la cuspide Anfínomo, figlio 185d’Attorïóne Cteàto, che a pugna moveva, nel seno:
cadde con un rimbombo, su lui rintronarono l’armi.
Ettore súbito allora si lanciò, per trarre l’elmetto
bene adattato alle tempie, dal capo ad Anfínomo prode;
ma mentre ei si lanciava, su lui l’asta lucida Aiace 190vibrò; ma non raggiunse le carni; ché tutte nascoste
erano d’orrido bronzo: l’umbone colpí dello scudo,
l’urtò con la sua furia gagliarda; e da entrambi i caduti
Ettore indietro cede’, li trassero lungi gli Achivi.
Stichïo, dunque, e il divino Menèsteo, principi entrambi, 195d’Atenïesi, portarono Anfímaco in mezzo agli Achivi.
Imbrio portato fu dagli Aiaci bramosi di pugne.
Simili a due leoni, che quando han rapito una capra
ai denti aspri dei cani, la portano via fra le macchie,
tra le mascelle stretta la tengon, sospesa dal suolo: