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767-796 CANTO XVI 109

i lunghi rami sbattono gli alberi, l’un contro l’altro,
con infinita romba, si schiantan con alto fracasso:
cosí Troiani e Achivi, lanciandosi gli uni sugli altri
770si sterminavano; e niuno aveva piú cuore alla fuga;
e molte acute lancie d’intorno a Cebríone confitte
erano, e molte frecce balzavano a volo dagli archi,
e sugli scudi molti piombavano grossi macigni,
d’intorno al morto. E questo, fra spire di polvere, grande
775salma, per grande spazio giacea, dei corsieri oblioso.
     Or, sin che mosse il sole per mezzo la volta del cielo,
frecce da entrambe le parti volavan, cadevano turbe;
ma quando l’ora già volgea che si sciolgono i bovi,
nella battaglia allora di molto prevalser gli Achivi.
780Trassero allor l’eroe Cebríone lontano dai colpi,
lungi dall’urto troiano, dagli omeri tolsero l’armi.
E Pàtroclo balzò, spirando furor, sui Troiani.
Tre volte ei si lanciò, che Marte feroce sembrava,
levando orride grida, tre volte nove uomini uccise.
785Ma quando si lanciò la quarta, che un dèmone parve,
per te della tua vita il termine, o Pàtroclo, giunse.
Ché Febo incontro a te nella fiera battaglia si fece,
tremendo, e, nel tumulto, tu giungere a te nol vedesti,
ché contro a te nascosto venía da caligine fitta.
790Stie’ dietro a lui, la schiena e gli omeri larghi percosse
con la sua palma chiusa; gl’invase vertigine gli occhi.
E Febo Apollo, allora dal capo gli tolse l’elmetto.
Giú ruzzolò, fra i pie’ dei cavalli, mandando un rimbombo,
l’alta celata; e furon lordate di polvere e sangue
795le chiome del cimiero. Caduto giammai nella polve
non era per l’innanzi quell’elmo crinito: destino