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648-677 CANTO XVI 105

Ettore fulgido dargli la morte col lucido bronzo
presso a Sarpèdone divo, dagli omeri l’armi predargli;
650oppur se ancora a molti infligger cordogli dovesse.
Questo, cosí pensando, gli parve l’avviso migliore:
che del Pelíde Achille l’insigne scudiero, di nuovo
verso la rocca i Troiani respinger potesse, ed il prode
Ettore, chiuso nel bronzo, la vita ancor togliere a molti
655potesse; e pria nel figlio di Priamo infuse sgomento.
Salí sul carro, e a fuga si volse, ed a fuga eccitava
gli altri Troiani: ché vide piegar la bilancia di Giove.
Neppure i prodi Licî qui tennero fermo; ma tutti
fuggiron, poi che il re giacere, trafitto nel cuore,
660videro, in mezzo a un mucchio d’estinti: ché molti sovr’esso
eran caduti, quando la pugna eccitava il Croníde.
E allor tolser gli Achei di dosso a Sarpèdone l’armi
di bronzo luccicanti; le diede il figliuol di Menezio
prode ai compagni, perché le recassero ai concavi legni.
665E allor, Giove che aduna le nuvole, disse ad Apollo:
«Su via, Febo diletto, discendi, lontano dai colpi
traggi Sarpèdone, il corpo detergi dal lurido sangue,
recalo molto lontano, nell’acqua corrente d’un fiume
lavalo, poi d’ambrosia cospargilo, vesti fragranti
670cingigli, ai due gemelli consegnalo, al Sonno e alla Morte,
rapide guide, che seco lo rechino; presto dell’ampia
terra di Licia deposto l’avranno nel fertile piano,
dove sepolcro a lui daranno i parenti e gli amici
sotto una tomba e una stele: ché tale è l’onore dei morti».
     675Disse cosí. Né sordo fu Apollo al volere del padre.
Ma giú dai picchi d’Ida si volse alla fiera battaglia.
E qui, lungi dai colpi sottratto Sarpèdone divo,