contenne il negro sangue, vigore nell’alma gl’infuse.
E Glauco ben conobbe, nel cuor s’allegrò, che il gran Nume 530súbito udita aveva la voce di lui che pregava.
E d’ogni parte, prima, si volse, e i signori dei Lici,
chiamò, ché qui venisser, d’intorno a Sarpèdone a lotta.
Andò poscia, a gran passi movendo, anche presso i Troiani,
presso Polidamante figliuolo di Panto, e il divino 535Agenore ed Enea, presso Ettore chiuso nel bronzo;
e a lui vicino stette, parlò queste alate parole:
«Ettore, adesso affatto ponesti in oblio gli alleati,
che qui sono, per te, lontan degli amici e la patria,
che qui perdon la vita, né tu porgi ad essi soccorso. 540Giace Sarpèdone, il re dei Lici dagli ampî palvesi,
ch’era alla Licia schermo con l’opere giuste e la forza:
l’ha spento sotto i colpi di Pàtroclo il bronzeo Marte.
Suvvia, correte, amici, di sdegno vi s’empiano i cuori,
ché non gli rubino l’armi, né strazio i Mirmídoni fieri 545faccian del corpo, irati per quanti dei Dànai caduti
presso le navi sono, ché noi li uccidemmo con l’aste».
Cosí diceva. E lutto s’effuse sul capo ai Troiani
non sopportabile, immenso: ch’egli era per essi il sostegno
della città, sebbene straniero: ché molte venute 550erano genti con lui, ché primo era pur negli scontri.
E contro i Dànai mosser, bramosi di pugne; ed a capo
Ettore, ch’era adirato pel sire dei Lici. E gli Achivi
Pàtroclo, cuore villoso, figliuol di Menezio, eccitava.
E pria gli Aiaci, già frementi essi stessi, eccitava: 555«Aiaci, adesso caro vi sia tener fronte all’assalto,
tali mostrandovi, quali voi foste finora, o piú forti:
è spento l’uom che primo sul muro balzò degli Achivi,