giú nella polve, mugliando, piombò, fuggì l’anima a volo.
Xanto e Balío, di fianco balzâr, come cadde il trapelo, 470il giogo scricchiolò, s’intricaron confuse le briglie.
Ma presto Automedonte lanciere trovava un rimedio:
da presso al saldo fianco fuor tratta l’aguzza sua spada,
tagliò, vibrando un colpo preciso, la fune al trapelo;
e i due, di nuovo ritti, si posero sotto le briglie. 475E nuovamente gli eroi si affrontâr nella zuffa mortale.
Ma vano ancora uscì dalla man di Sarpèdone il colpo:
di Pàtroclo volò su la spalla sinistra la punta
dell’asta, e non lo giunse. Secondo, la lancia vibrava
Pàtroclo; e vano il colpo non fu: ché lo giunse là dove 480il dïaframma al cuore compatto d’intorno s’avvolge.
E cadde come cade pei monti una quercia od un pioppo,
O un pino eccelso, quando, con scuri di fresco affilate,
i boscaioli lo taglian, per farne legname da navi:
cosí giacea disteso dinanzi ai cavalli ed al carro, 485muggendo e brancicando la polvere molle di sangue.
Come leone, in mezzo piombando a una greggia, improvviso,
fulvido toro uccide, superbo fra i lenti giovenchi,
che del leone spira, con lento mugghiar, fra le branche:
cosí sotto le mani di Pàtroclo, il sire dei Lici 490gemeva iroso, e a nome chiamava il compagno diletto:
«Glauco diletto, campione tra tutti il piú forte, or tu devi
esser gagliardo guerriero, valente a vibrar la tua lancia:
ora, la triste guerra, se proprio sei prode, ti prema!
Pria, da ogni parte vòlto, i duci che guidano i Lici 495chiama, ché vengano qui, d’intorno a Sarpèdone, a lotta;
e intorno a me tu stesso combatti col bronzo a difesa:
ché io scorno per te sarei pel futuro, vergogna,